L’Aes non sembra isolata dalle diplomazie africane

L’uscita dalla Cedeao, a fine gennaio 2025, da molti osservatori è stata letta come l’ultimo atto d’isolamento dei tre paesi dell’Alleanza degli Stati del Sahel (Aes) dal continente africano e dall’africa occidentale, in particolare. La cronaca di questi giorni, però, evidenzia segnali contrari.
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La scorsa settimana, infatti, il Ministro della giustizia del Congo (RDC) Constant Mutamba, latore di un messaggio del presidente Félix Tshisekedi, è stato ricevuto dal presidente del Mali, Assimi Goita, a Bamako. La situazione di crisi nelle province nord e sud del Kivu della RDC sembra che sia stata centrale nei colloqui tra le parti. D’altronde, non si arresta l’avanzata del gruppo armato M23 – composto soprattutto di tutsi e presente in RDC con 4000 uomini – che finora ha causato 7000 morti. Azione che ha indotto il consiglio di sicurezza delle NU a condannare il sostegno del Ruanda al M23 ai quali ha intimato di liberare Goma e Bukavu, i due capoluoghi sotto il loro controllo.

Goita è stato il primo presidente, tra quelli dell’AES, a sviluppare nuove relazioni internazionali finalizzate alla lotta contro il terrorismo jihadista in Mali. In un contesto sempre più assuefatto a regolare le controversie internazionali per via militare, l’expertise dell’Aes, maliana nello specifico, può diventare un punto di riferimento di un continente che individua nei rapporti sud-sud una nuova chiave di lettura della risoluzione dei propri conflitti interni.